La luce è una forma di energia che ci permette di vedere quello che ci circonda. I corpi che “fanno” luce si chiamano “sorgenti luminose” e possono essere di due tipi: naturali e artificiali.

La luce sembra bianca (o meglio, trasparente) ma in realtà è composta da tutti i colori dell’arcobaleno, mescolati insieme. L'occhio umano vede le cose che non emettono luce propria come colorate solo quando la luce (naturale o artificiale che sia) le colpisce e viene in parte riflessa. Per esempio, se avete davanti un oggetto rosso, voi lo vedete rosso perché la luce che lo colpisce viene assorbita tutta tranne il colore rosso, che viene riflesso, entra nei vostri occhi e si fa vedere come tale. Stessa cosa per gli altri colori, a eccezione del nero e del bianco che in realtà non sono colori veri bensì l’assenza o la somma di tutti i colori. Per un oggetto nero, la luce incidente sull’oggetto viene assorbita completamente, per un oggetto bianco, tutti i colori vengono riflessi.

La luce può essere rappresentata comeun'onda e nell'immagine sopra si possono vedere alcune onde che rappresentano i diversi colori della luce. La distanza tra due creste (o tra due valli, o tra due inizi della forma dell’onda) si chiama lunghezza d’onda ed è una caratteristica fondamentale della luce. Ogni colore ha la sua lunghezza d’onda, dalla più corta (il violetto) alla più lunga (il rosso). L’unità di misura riportata accanto al numero è il nanometro e corrisponde a una lunghezza che è un miliardo di volte più corta del metro.
Passando dal violetto al rosso la lunghezza d’onda aumenta e nello stesso spazio “ci stanno” meno onde, proprio perché un ciclo completo occupa più spazio. Si potrebbe fare un’analogia con delle gocce d’acqua che cadono in un bicchiere: ogni volta che arriva un “picco” dell’onda si potrebbe immaginare che questa trasferisca una quantità “fissa” di energia... come se fosse una goccia d’acqua che cade nel bicchiere. In un dato tempo la luce blu trasporta più gocce della luce rossa; ossia, la luce blu trasporta più energia della luce rossa.
Normalmente i colori nella luce sono tutti mescolati e non si riescono a distinguere. Per riuscire a mettere ordine nei colori della luce serve qualcosa in grado di separarli. Potrebbe essere una gocciolina d’acqua, un pezzettino di cristallo (avete presente i lampadari con le gocce di cristallo della nonna?) oppure un “pezzo di vetro” chiamato prisma.

Il prisma è un oggetto trasparente. Il fascio di luce (bianco) entra e viene “rifratto” (il fenomeno fisico che avviene si chiama “rifrazione”): quando entra nel prisma, ogni colore della luce subisce una deviazione che dipende dalla lunghezza d’onda del colore stesso. Le onde rosse vengono deviate di meno di quelle violette. Stessa cosa succede quando i raggi di luce escono dal prisma. In questo modo, la luce in uscita non è più bianca ma è una fascia di colori ordinati, dal rosso al violetto: l’arcobaleno, che gli scienziati chiamano “spettro”.
Lo spettroscopio che costruiremo funzionerà esattamente come un primsa, scomponendo la luce bianca in diversi colori. Grazie a questo strumento vedrete con i vostri occhi che sorgenti di luce diverse possono avere diverse tipologie di spettri. Osservando la luce del Sole con il vostro spettroscopio (ATTENZIONE: NON BISOGNA MAI OSSERVARE DIRETTAMENTE IL SOLE, NEMMENO CON LO SPETTROSCOPIO!) scoprirete un arcobaleno, mentre le lampadine a risparmio energetico producono solo alcune righe colorate su uno sfondo nero. Quest'ultima figura viene definito spettro a righe a differenza dell’arcobaleno del Sole, chiamato spettro continuo.

Nei due casi presentati, gli spettri sono diversi perché la luce viene emessa da processi fisici diversi. Nel caso del Sole (o di una vecchia lampadina a incandescenza) la luce visibile viene prodotta perché la sorgente è molto calda (migliaia di gradi). Nel caso della lampadina a risparmio energetico, c’è invece un gas (freddo) i cui elettroni, che normalmente orbitano a una certa distanza dai nuclei, vengono eccitati e saltano su orbite più lontane, per poi ricadere dopo poco sull’orbita originale. Facendo questo, emettono luce. Ma la luce che emettono dipende dalla differenza di energia delle due orbite, quindi ha un colore ben preciso, che rappresenta l’energia di quel salto.
Ogni gas, di ogni elemento chimico, ha i suoi elettroni più o meno distanti dal nucleo, e può fare solo certi salti. Quindi lo spettro di un gas (ossia l’insieme delle righe colorate che vengono emesse dagli elettroni di quel gas, nei loro salti) è tipico di quel gas. Solo lui si comporta così e ha quella combinazione di righe colorate (spettro). In questo senso si può dire che lo spettro è l’impronta digitale del gas, di quell’elemento. Se vediamo certe righe, possiamo dedurre quale elemento chimico, o combinazione di elementi, le ha emesse. Capite quindi perché è importante guardare gli oggetti celesti con uno spettroscopio: permette di capire di cosa sono fatti. In realtà, in ambito astronomico, questo strumento è molto più potente: non solo ci permette di capire quali elementi costituiscono la sorgente, ma riusciamo anche a derivare la sua temperatura, la densità del gas e se si sta avvicinando o allontanando da noi.