Distanze astronomiche
Immagine : La costellazione di Orione. Ognuna delle sette stelle principali di questa costellazione, che compongono le spalle, cintura e piedi dell’omonimo cacciatore, sono da qualche migliaio fino ad alcune centinaia di migliaia di volte più luminose del Sole. Fonte: Mouser, deep sky image of the constellation Orion, CC BY-SA 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by/3.0/legalcode

Gli astronomi sono osservatori distanti. Tranne scarse eccezioni all’interno del sistema solare, non possiamo raggiungere gli oggetti del nostro studio. Dobbiamo invece dedurre le proprietà di stelle, nebulose e pianeti dalle nostre osservazioni. Conoscere la distanza di un oggetto è fondamentale per questo lavoro da detective cosmici. Se conoscessimo solamente la luminosità apparente di un oggetto nel cielo, non saremmo in grado di distinguere tra oggetti non molto luminosi ma abbastanza vicini e quelli che invece sono molto lontani ma emettono tantissima luce! Questo è evidente quando consideriamo alcuni dei più elementari oggetti celesti: le stelle. La nostra esperienza diretta in una notte serena è quella che le stelle siano piccoli puntini luminosi. Una banale torcia ci fornisce un’illuminazione maggiore di tutte le migliaia di stelle che vediamo in una notte stellata messe assieme. Ma anche il Sole è una stella, ed è l’oggetto più luminoso che la maggior parte di noi avrà modo di osservare - così luminoso da essere potenzialmente pericoloso per i nostri occhi, e quindi da non osservare direttamente! Tuttavia alcune delle stelle che vediamo di notte emettono molta più luce del nostro Sole. Il fattore chiave che le fa apparire molto meno luminose, per un osservatore qui sulla terra, è la distanza. L’unica differenza è la distanza. Anche la stella più vicina, Alpha Centauri, si trova ad una distanza da noi più di 256.000 volte maggiore di quella del Sole. Fornire una stima delle distanze cosmiche è un compito difficile. Anche le distanze all’interno del nostro stesso sistema solare sono enormi per gli standard quotidiani. L’unità astronomica, corrispondente alla distanza media tra Terra e Sole, è di circa 150 milioni di kilometri. La stella più vicina, Alpha Centauri, è a 4·103 Km di distanza. Numeri così giganteschi sono poco pratici, e gli astronomi hanno introdotto una maniera alternativa per scrivere le distanze. Niente si muove più velocemente della luce, e gli astronomi hanno deciso di usare i tempi di percorrenza della luce come misura delle distanze dalle stelle più vicine (i parsec e i suoi derivati, così come i redshift, sono utilizzati per distanze maggiori). Il Sole, ad esempio, dista circa 8 minuti-luce da noi: la luce impiega 8 minuti per viaggiare dal Sole a noi. Alpha Centauri dista 4,2 anni-luce. (Non lasciatevi confondere dalla presenza di termini come “minuti” o “anni” in queste unità di misura. Minuti-luce e anni-luce sono misure di distanza, non di tempo). Gli oggetti più distanti che conosciamo sono molto più lontani. La luce impiega miliardi di anni per coprire la distanza tra questi oggetti e noi, perciò essi si trovano a miliardi di anni-luce di distanza (dell’ordine di 1022, cioè decine di sestilioni, di kilometri). Nessun metodo unico può coprire un simile intervallo di distanze. Invece, gli astronomi si basano su quella che chiamano la scala delle distanze cosmiche, dove i metodi applicati agli oggetti più distanti sono calibrati utilizzando metodi applicabili ad oggetti meno distanti.
Luminosità apparente: la formula dell’inverso del quadrato
Diversi importanti metodi di misurazione delle distanze astronomiche si rifanno al seguente principio di base: Supponiamo di conoscere quanta luce un oggetto emette (questo valore è chiamato “luminosità intrinseca”). Possiamo misurare la luminosità apparente dell’oggetto nel cielo. Il rapporto tra la luminosità intrinseca e apparente è direttamente correlato alla distanza tra noi e l’oggetto. Quantitativamente, assumiamo che l’oggetto emetta una energia L al secondo, e che questa emissione non abbia una direzione preferenziale (sia cioè isotropica). L è detta la luminosità intrinseca dell’oggetto. Alla distanza d dall’oggetto, questa energia totale si sarà distribuita su una superficie sferica di area 4πd2. Immaginiamo che il nostro rilevatore - ad esempio, lo specchio del nostro telescopio - copra un’area A, come mostrato nella figura seguente, situata a distanza d dall’oggetto radiante O:

Dato che l’emissione luminosa dell’oggetto è diffusa uniformemente su tutta la sfera, il nostro rilevatore ne riceverà solo una frazione A/(4πd2); in altre parole, il nostro rilevatore riceverà l’energia al secondo F=L⋅A/(4πd2) dall’oggetto. Possiamo riscrivere questa formula dividendo per l’area del rivelatore per ottenere l’intensità della radiazione
I=F/A=L/(4πd2)
ovvero, l’ammontare di energia per secondo per unità d’area del rilevatore che ci arriva da un dato oggetto. Questa è la celebre “legge dell’inverso del quadrato” per la radiazione. Solitamente questa legge viene dimostrata in classe ponendo un fotorivelatore, come un piccolo pannello solare, a diverse distanze da una fonte di luce (ad es. Stanger 2008)
Candele standard
Immagine : Le supernove di tipo Ia, come questa del 1994 nella galassia NGC 4526, sono candele standard che permettono agli astronomi di dedurre la distanza di galassie lontanissime. Credit: NASA, ESA, The Hubble Key Project Team, e The High-Z Supernova Search Team. CC BY-SA 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by/3.0/legalcode

La legge dell’inverso del quadrato mette in relazione le quantità I, L e d. Immaginiamo una classe di oggetti i cui componenti hanno tutti la stessa luminosità L. Questi oggetti sono chiamati candele standard. Ogni volta che ne osserviamo una, ne conosciamo la luminosità intrinseca L, possiamo misurarne l’intensità I, e usare la legge dell’inverso del quadrato per calcolare la distanza dell’oggetto. Le supernove dette “di tipo Ia” sono le più importanti candele standard per galassie molto distanti, nell’ambito della cosmologia, ovvero la scienza che studia l’Universo nel suo complesso. Queste supernove sono violente esplosioni termonucleari di stelle nane bianche. Sono estremamente brillanti, e visibili a grandi distanze. La tipologia di una supernova può essere determinata dalle proprietà della luce che riceviamo dall’esplosione (più concretamente, dallo spettro della supernova). Una volta chiaro che stiamo effettivamente osservando una supernova di questo tipo, possiamo dedurre la (massima) luminosità dell’esplosione. Per la maggior parte delle candele standard astronomiche, L non è costante per tutti gli oggetti dello stesso tipo, ma è invece correlata con una proprietà misurabile di quella classe di oggetti. L’esempio più famoso sono le stelle variabili Cefeidi, che presentano periodiche variazioni di luminosità. Il periodo di queste variazioni è correlato con la luminosità della stella; misurandone il periodo possiamo dedurne la luminosità intrinseca L. Questa correlazione fu scoperta e sfruttata per la prima volta da Henrietta Swan Leavitt tra il 1908 e il 1912. Candele standard come queste hanno giocato un ruolo chiave nella storia dell’astronomia. All’inizio del ventesimo secolo, le Cefeidi furono usate per dimostrare che la nostra galassia era solo una tra tante. E, negli ultimi anni dello scorso secolo, le supernove di tipo Ia sono state usate per dimostrare che l’espansione cosmica sta accelerando - la scoperta dell’Energia Oscura, che è stata premiata con il premio Nobel per la Fisica 2011. La candela standard ideale dovrebbe essere estremamente luminosa, e quindi visibile a grandi distanze, facilmente identificabile (ad es. tramite la determinazione dello spettro) e abbastanza comune da permettere una grande intervallo di misure di distanza. Idealmente, vorremmo avere alcuni esempi molto vicini di questo tipo di candele standard nel nostro “vicinato cosmico”, che permettano di calibrare la candela standard (ovvero misurarne la luminosità intrinseca L) e molti esempi a grande distanza che permettano la misurazione della distanza delle galassie e misure di tipo cosmologico. In realtà, nessun singolo tipo di candela standard soddisfa tutti questi criteri. Invece, gli astronomi hanno costruito una scala delle distanze tramite diverse candele standard. Ad esempio la distanza di quasi 300 variabili Cefeidi può essere misurata direttamente utilizzando geometria elementare (parallasse stellare). Queste distanze note possono essere usate per calibrare la relazione periodo-luminosità intrinseca delle Cefeidi. Una volta determinata questa relazione, possiamo esaminare vicine supernove di tipo Ia in galassie che contengano Cefeidi. Utilizzando le distanze delle Cefeidi, possiamo determinare le luminosità intrinseche di picco delle supernove di tipo Ia. Una volta noti questi valori, possiamo utilizzare le supernove di tipo Ia come candele standard talmente luminose da poter essere viste a distanze extragalattiche e cosmologiche considerevoli. L’attività qui presentata permetterà ai vostri studenti di scoprire e approfondire in autonomia i principi chiave delle candele standard, utilizzando un esempio semplice in un contesto quotidiano.
Candele standard e la legge dell’inverso del quadrato -
In pratica, misurare quantitativamente le intensità è un compito impegnativo, che richiede un'attenta calibrazione dei propri strumenti, che esula nettamente dallo scopo di questa attività. Invece, sfrutteremo il fatto che stiamo effettuando le nostre misurazioni di varie sorgenti con un'unica apparecchiatura, la nostra fotocamera digitale.
Supponendo di ricevere luce di intensità I da un oggetto, la nostra fotocamera raccoglierà una quantità totale di luce al secondo corrispondente a P = I·A·η, dove A è l'area di raccolta della fotocamera e η < 1 è una costante adimensionale che ci consente di codificare (a) che parte della luce verrà assorbita all'interno dell'obiettivo della fotocamera e (b) parte della luce potrebbe non raggiungere il chip della fotocamera ma essere dispersa altrove. L'energia totale depositata sul chip è E = P·t, dove t è il tempo di esposizione. Supponiamo che nella nostra immagine l'oggetto in questione si estenda su una certa regione di pixel e assumiamo una risposta lineare del chip e un'elaborazione lineare, quindi E sarà proporzionale alla somma S dei valori dei pixel per quella regione. (Una parte facoltativa dell'attività prevede il test di questa linearità.)
Ciò che semplifica enormemente il nostro compito è che la somma del valore dei pixel S dipende linearmente dall'intensità I. Finché ci prendiamo cura di prendere tutte le nostre immagini nelle stesse condizioni (stesso tempo di esposizione, stessa lente, stesse impostazioni), questa linearità significa che possiamo confrontare le intensità I 1,2 di diverse sorgenti confrontando le somme S 1,2 dei valori dei pixel per le immagini di queste sorgenti,
S 1 /S 2 = I 1 /I 2 .
Più semplice di così non può essere, e questa semplice formula, assieme alla formula dell’inverso del quadrato che collega luminosità intrinseca, intensità e distanza, saranno le basi dell’attività seguente
Come realizzare questa attività?
Questa attività può essere svolta a diversi livelli, a seconda sia del livello di autonomia durante l’attività (ovvero da quanto del lavoro è già stato preparato dall’insegnante) e dal livello di analisi. Per quanto concerne i preparativi, nella versione più semplice dell’attività, l’insegnante ispeziona uno o più luoghi adeguati, si occupa di predisporre il software necessario e di compilare delle istruzioni semplificate per il suo utilizzo. Gli studenti possono quindi concentrarsi sulla parte scientifica, ovvero sulle misure e la loro valutazione. Questo livello di preparazione consente il più rapido svolgimento dell’esercizio. Se, invece, l’attività viene predisposta come un’indagine completamente libera, gli studenti dovranno trovare da sé un luogo adatto, ricercare software appropriato (ad esempio per aprire immagini RAW in formato FITS od un altro formato adatto per le analisi) e installarlo. Questo rende l’esperienza molto più realistica, dato che simili preparativi sono parte standard della ricerca astronomica, ma, naturalmente, anche molto più dispendiosa in termini di tempo. Il livello più elementare di analisi usa direttamente la legge dell’inverso del quadrato per correlare luminosità misurata e distanza, usando un oggetto di riferimento la cui distanza sia stata misurata con metodi convenzionali (direttamente oppure utilizzando una mappa, ad es. Google Maps).
Questa versione dell’esercizio si concentra sul concetto fondamentale da apprendere e permette il suo più rapido completamento. Come attività aggiuntiva, è possibile approfondire il ruolo della fotocamera digitale. Come mostrato sopra, l’uso della fotocamera per misurare la luminosità apparente attraverso semplici rapporti tra somme di valori di pixel dipende da una relazione lineare tra l’ammontare di luce ricevuta da una certa regione del panorama in esame e i valori di luminosità per i corrispondenti pixel dell’immagine. Questa linearità può essere verificata in attività di supplemento opzionali che possono costituire, allo stesso tempo, un primo passo verso attività di astrofotografia più avanzate. Ad un livello più avanzato, gli studenti dovrebbero essere incoraggiati a riflettere sulle cause delle deviazioni delle distanze da loro ricavate da quelle misurate direttamente. Le due cause principali di errore con cui dovranno probabilmente fare i conti saranno variazioni di luminosità intrinseche (ovvero deviazioni dall’assunzione di base che le sorgenti siano candele standard) e oscuramento (l’attenuazione della luce osservata di un oggetto ad opera di materia interposta tra esso e l’osservatore). Entrambe possiedono degli analoghi in astronomia, dove la supposizione di base che le sorgenti siano candele standard (stessa luminosità intrinseca) deve essere spesso perfezionata (ad es. per le supernove di tipo Ia, utilizzando una correlazione tra l’evoluzione nel tempo della loro curva di luce e la loro luminosità massima), e dove nubi di polvere e di gas possono attenuare la luce di una sorgente distante. In questo esercizio, siamo nella fortunata situazione di poterci avvicinare (‘viaggiare verso’) le nostre sorgenti di luce, e misurare direttamente la loro luminosità intrinseca. Gli studenti possono eseguire queste misure e applicare una correzione corrispondente alle loro derivazioni della distanza. Questo dovrebbe ridurre considerevolmente le deviazioni. Nell’esempio svolto possiamo anche identificare gli oscuramenti; ad esempio, quei lampioni che apparivano più tenui di quanto ci si aspettasse si rivelano in effetti oscurati da dei rami. Anche se il livello avanzato richiede molto più tempo, esso insegna preziose abilità di analisi dei dati e delle sorgenti di errore.
Un esempio svolto con misure di luminosità apparente e correzioni, con incluse immagini di esempio e un esempio di foglio di calcolo, può essere reperito all’indirizzo http://www.haus-der-astronomie.de/materials/distances/street-lights