Sistema Solare :
Il Sistema Solare è formato dal Sole e dagli oggetti che gli orbitano intorno. Questi includono otto pianeti e vari corpi secondari: pianeti nani e piccoli oggetti che orbitano direttamente intorno al Sole, i satelliti (lune) che orbitano intorno a molti pianeti, e oggetti più piccoli. Esso si è formato 4,6 miliardi di anni fa dal collasso gravitazionale di una gigantesca nube molecolare. La stragrande maggioranza della massa del sistema è nel Sole, mentre la maggior parte della rimanente si trova in Giove. I quattro pianeti interni più piccoli, Mercurio, Venere, Terra e Marte, chiamati anche i pianeti terrestri, sono principalmente composti da roccia e metalli. I quattro pianeti esterni, chiamati i giganti gassosi, sono molto più grandi di quelli terrestri. I due pianeti più grandi, Giove e Saturno, sono composti principalmente da idrogeno ed elio, mentre i due più esterni, Urano e Nettuno, sono composti principalmente da sostanze con punti di fusione relativamente alti (rispetto ad idrogeno ed elio) chiamati ghiacci, come acqua, ammoniaca e metano, e sono quindi spesso classificati separatamente come ‘giganti ghiacciati’. Tutti i pianeti hanno orbite quasi circolari che individuano un disco quasi piatto chiamato piano dell’eclittica.
Il termine “sistema solare” indica una stella e tutti gli oggetti che vi orbitano attorno. Il nostro Sistema Solare consiste nel Sole (la nostra stella), otto pianeti ed i loro satelliti naturali (come la nostra Luna), pianeti nani, asteroidi e comete. Il nostro Sistema Solare è collocato su un braccio esterno della spirale della nostra galassia, la Via Lattea.
Astro-fotografia con CCD :
Un Charge-Coupled Device (CCD) è uno strumento elettronico per rilevare la luce. Nel caso di immagini astronomiche, questa luce è molto tenue, e questo ha delle ripercussioni su come il sensore opera. Un CCD utilizza un sottile wafer di silicio (chip), suddiviso in migliaia o milioni di minuscoli quadrati (o a volte rettangoli) sensibili alla luce, detti fotositi. Ad ogni fotosito corrisponde un singolo pixel nell’immagine finale, e quindi spesso vengono chiamati con lo stesso nome. Per maggior chiarezza in questa discussione, chiameremo ‘fotositi’ quelli su un chip CCD e pixel quelli di un’immagine. Ogni fotosito è circondato da una barriera non-conduttiva, che trattiene la carica raccolta durante un’esposizione.
Parallasse :
Quello della parallasse è un metodo di misura della distanza di un oggetto. La posizione di un oggetto appare diversa da due punti di osservazione separati. Se la distanza tra i punti di osservazione è nota ed è possibile misurare l’angolo tra essi allora, con l’aiuto di geometria elementare, è possibile calcolare la distanza dell’oggetto (in modo simile a come la nostra visione binoculare ci permette di vedere in 3 dimensioni). Nella pratica, dato che nella maggior parte delle applicazioni astronomiche l’angolo di parallasse è molto ridotto, l’unico modo di sfruttare questa tecnica è scegliere due punti di osservazione molto distanti tra loro.
Effetto di Parallasse diurna :

Figura 1 . Geometria dell’effetto di parallasse diurna. Dato che la Terra ruota, ciascun osservatore sulla sua superficie vede l’angolo φ di parallasse dell’oggetto studiato variare costantemente, da un valore massimo quando il suo meridiano si trova ad angolo retto con il piano che include l’asse di rotazione della Terra e l’oggetto (circa 6 ore prima o dopo il tempo di transito) ad un valore nullo ogni volta che l’oggetto si trova sul suo meridiano (culmina).
Ogni osservatore sulla superficie terrestre si muove in realtà lungo un percorso perfettamente circolare del raggio di diverse migliaia di kilometri, compiendo un giro intero ogni circa 23,93 ore - un giorno sidereo. In ogni dato momento, l’osservatore guarda la volta celeste da prospettiva leggermente diversa ed in continuo cambiamento rispetto ad un osservatore fittizio posizionato a riposo nel centro della Terra. Questo scostamento variabile apparente degli oggetti celesti relativamente vicini rispetto a distanti “stelle fisse” osservato da Terra e dovuto esclusivamente alla sua quotidiana rotazione è noto come effetto di parallasse diurna. Questo effetto si manifesta come una oscillazione angolare appena percettibile, che varia da poche centinaia di arcosecondi per oggetti sufficientemente vicini alla terra (Near-Earth Objects o NEOs), fino ad appena qualche decina di arcosecondi per gli oggetti del SIstema Solare più distanti che si possano osservare. L’effetto di parallasse diurna è talmente ridotto per gli oggetti al di fuori del Sistema Solare da non essere misurabile.
L’effetto di parallasse diurna non ha niente a che fare con il fatto che ogni oggetto del Sistema Solare è in movimento rispetto al centro della terra. Facendo un paragone, il movimento apparente nel cielo di ciascun corpo del sistema solare dovuto alla sua rivoluzione attorno al Sole è di ordini di grandezza maggiore del suo corrispondente effetto di parallasse diurna. I minuscoli e oscillanti spostamenti degli oggetti vicini rispetto alle cosiddette “stelle fisse” caratteristici della parallasse diurna saranno quindi sempre sovrapposti a movimenti molto più ampi di “moto proprio” nel cielo. Pertanto, il primo passo nel calcolo della parallasse diurna consiste nel sottrarre accuratamente la traiettoria orbitale dominante attraverso il cielo dal movimento apparente effettivamente osservato del bersaglio prescelto. Se questo passaggio è eseguito con cura e nel modo corretto, quello che rimane dopo questo filtraggio - I cosiddetti “residui” - sono dovuti solo all’effetto di parallasse diurna.
Supponendo che per un periodo di tempo di soli due giorni la distanza dal centro della terra al bersaglio sia praticamente costante (una supposizione generalmente appropriata, tranne che per gli asteroidi vicini di tipo NEO e per la Luna) la variabilità nel tempo dell’angolo di parallasse può essere attribuita esclusivamente alla posizione variabile dell’osservatore rispetto ad una direzione fissata nel piano equatoriale. In altre parole, l’angolo di parallasse rimane sostanzialmente invariato rispetto al piano che contiene l’asse di rotazione della Terra (ovvero in declinazione). Questo è il motivo per cui la parallasse diurna è anche chiamata parallasse est-ovest.
L’effetto di parallasse diurna corrisponde esattamente alla proiezione angolo di parallasse - quello che in ogni dato momento ha per vertice il bersaglio e per direttrici le direzioni che lo congiungono all’osservatore e al centro della Terra - sul piano equatoriale. È evidente che al momento della culminazione del bersaglio (quando l’oggetto si trova sul meridiano dell’osservatore), l’angolo di parallasse diurna diventa nullo, mentre raggiunge il suo massimo valore teorico circa 5,98 ore (un quarto di giorno sidereo) sia prima che dopo il transito (il valore sarebbe esatto se l’oggetto non si stesse muovendo rispetto al centro della Terra).
Pertanto, per definizione, ad ogni dato tempo t l’angolo di parallasse diurna diventa
φ(t) = [RAtopo(t) − RAgeo(t)] cos δ(t) (1)
dove RAtopo(t) è l’ascensione retta topocentrica (misurata dalla posizione dell’osservatore) al momento considerato, RAgeo(t) è l’ascensione retta geocentrica (misurata dal centro della Terra) nello stesso momento e δ(t) è la declinazione dell’oggetto sempre nello stesso momento (che assumiamo essere praticamente la stessa sia misurata dalla posizione dell’osservatore che dal centro della Terra).
Per le osservazioni eseguite prima del transito, l’effetto di parallasse del bersaglio rispetto alle stelle sullo sfondo fa apparire l’oggetto spostato verso est rispetto a quanto verrebbe osservato nello stesso momento dal centro della Terra; ovvero, prima del transito: RAtopo(t) > RAgeo(t). Al contrario, l’oggetto appare spostato verso ovest nelle osservazioni effettuate dopo il transito; ovvero, dopo il transito RAtopo(t) < RAgeo(t). Pertanto, durante la rotazione della Terra, il termine RAtopo(t) - RAgeo(t) tra parentesi varia in modo continuo man mano che l’osservatore viene trascinato dalla rotazione della Terra, rendendo l’angolo di parallasse diurna φ(t) positivo per le osservazioni effettuate prima del transito, nullo al transito e negativo per le osservazioni effettuate dopo il transito. I massimi angoli di parallasse diurna sono in teoria raggiunti ogni volta che l’osservatore e il bersaglio si trovano ad angolo retto rispetto al centro della Terra.
Contemporaneamente, considerando che la declinazione del bersaglio varia gradualmente col tempo, ma in maniera completamente indipendente dalla rotazione della Terra, il termine cosδ(t) varia solo leggermente nell’arco di qualche giorno. Pertanto, la parallasse diurna varia in sostanza su base quotidiana come una funzione sinusoidale, che in ogni istante corrisponde a RAtopo(t) - RAgeo(t) moltiplicata per il coseno quasi costante della declinazione del bersaglio, diventando quindi:
φ (t) = [RAtopo(t) − RAgeo(t)] cos δ(t) = φmax sin(ω(T0 – t)) (2)
dove φmax è la massima ampiezza dell’angolo di parallasse diurna per il giorno considerato, ω è la velocità angolare di rotazione siderea della Terra e T0 è l’istante della culminazione del bersaglio per il giorno considerato. Una volta nota φmax, la distanza D del bersaglio può essere prontamente ottenuta utilizzando l’approssimazione per piccoli angoli, ottenendo:
D = RE cos λ / φmax (3)
dove RE è il raggio terrestre e λ è la latitudine dell’osservatore (D e RE devono essere espressi nelle stesse unità, mentre φmax deve essere in radianti)
Il metodo amatoriale a 4 punti per la misura della parallasse diurna è una semplice procedura per determinare il valore principale di φmax da una singola posizione, senza richiedere altri dati oltre a quelli strettamente legati all’osservazione diretta. Utilizzando solamente un telescopio amatoriale ed un CCD in due notti consecutive, acquisendo immagini in modo continuo per dieci minuti due volte ciascuna notte - all’inizio e alla culminazione - è possibile determinare accuratamente φmax, ed usarlo per calcolare la distanza dall’oggetto in questione.
I quattro dati richiesti sono l’ascensione retta topocentrica dell’oggetto misurata in due notti consecutive, ed i tempi corrispondenti. Durante la prima notte, essa dovrebbe essere misurata in un istante qualunque il più lontano possibile dal transito (RAtopo(t1)) e all’istante esatto del transito (RAtopo(T01)). Un’analoga procedura dovrebbe essere seguita durante la seconda notte, misurando RAtopo(t2) e RAtopo(T02). Non è necessario che le misure prese lontano dal transito ogni notte siano ugualmente distanti da esso. Pertanto, i quattro dati richiesti sono in realtà le seguenti quattro coppie: Per la prima notte RAtopo(t1) ed il t1 corrispondente, e RAtopo (T01) ed il T01 corrispondente. Per la seconda notte RAtopo(t2) ed il t2 corrispondente e RAtopo (T02) ed il T02 corrispondente.
Dato che, al momento del transito, l’ascensione retta topocentrica e geocentrica sono esattamente le stesse, è possibile ottenere un’approssimazione lineare per stimare il valore altrimenti sconosciuto di RAgeo(t) in qualunque altro istante:

(4)
Questa approssimazione lineare per RAgeo(t) aiuta a determinare gli angoli di parallasse diurna φ(t1) e φ(t2) misurati agli istanti t1 e t2 lontani dai transiti ciascuna notte. Durante ciascuna notte, la variazione dell’angolo di parallasse diurna può essere rappresentato da una curva sinusoidale che, oltre a diventare nullo al tempo di transito, passa attraverso il punto φ(t) misurato. Tali curve sinusoidali sono uniche; pertanto una volta trovate queste curve, si ricava l’ampiezza massima dell’angolo di parallasse diurna per quel giorno (rispettivamente φmax1 e φmax2). considerando che sia φmax1 che φmax2 sono ottenuti con una approssimazione lineare che necessariamente sottostima uno e sovrastima l’altro (una fortunata combinazione illustrata in dettaglio negli articoli forniti in appendice), si può ottenere una stima accurata di φmax dalla loro media:
φmax(φmax1 + φmax2) (5)

Figura 2 : Opposizione - Il moto apparente in ascensione retta di un pianeta minore. Per la maggior parte del tempo si sposta verso valori maggiori di AR (moto diretto) ma, una volta l’anno, quando raggiunge la posizione più vicina alla Terra, sembra spostarsi indietro verso valori inferiori di AR per un po’ (moto retrogrado).

Figura 3 : Prima dell’opposizione - Il vero moto apparente in AR di un pianeta minore prima dell’opposizione. La velocità istantanea continua a crescere fino al raggiungimento dell’opposizione.