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Usando oggetti di uso quotidiano come i lampioni, gli studenti possono capire come gli astronomi usano le candele standard astronomiche per misurare le distanze astronomiche, così come le possibili fonti di errore. Questa attività pratica introduce anche gli studenti all'elaborazione digitale delle immagini e costituisce un trampolino di lancio per le successive attività che coinvolgono l'astrofotografia, in particolare quelle relative alla fotometria.
Distanze astronomiche
Immagine : La costellazione di Orione. Ognuna delle sette stelle principali di questa costellazione, che compongono le spalle, cintura e piedi dell’omonimo cacciatore, sono da qualche migliaio fino ad alcune centinaia di migliaia di volte più luminose del Sole. Fonte: Mouser, deep sky image of the constellation Orion, CC BY-SA 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by/3.0/legalcode
Gli astronomi sono osservatori distanti. Tranne scarse eccezioni all’interno del sistema solare, non possiamo raggiungere gli oggetti del nostro studio. Dobbiamo invece dedurre le proprietà di stelle, nebulose e pianeti dalle nostre osservazioni. Conoscere la distanza di un oggetto è fondamentale per questo lavoro da detective cosmici. Se conoscessimo solamente la luminosità apparente di un oggetto nel cielo, non saremmo in grado di distinguere tra oggetti non molto luminosi ma abbastanza vicini e quelli che invece sono molto lontani ma emettono tantissima luce! Questo è evidente quando consideriamo alcuni dei più elementari oggetti celesti: le stelle. La nostra esperienza diretta in una notte serena è quella che le stelle siano piccoli puntini luminosi. Una banale torcia ci fornisce un’illuminazione maggiore di tutte le migliaia di stelle che vediamo in una notte stellata messe assieme. Ma anche il Sole è una stella, ed è l’oggetto più luminoso che la maggior parte di noi avrà modo di osservare - così luminoso da essere potenzialmente pericoloso per i nostri occhi, e quindi da non osservare direttamente! Tuttavia alcune delle stelle che vediamo di notte emettono molta più luce del nostro Sole. Il fattore chiave che le fa apparire molto meno luminose, per un osservatore qui sulla terra, è la distanza. L’unica differenza è la distanza. Anche la stella più vicina, Alpha Centauri, si trova ad una distanza da noi più di 256.000 volte maggiore di quella del Sole. Fornire una stima delle distanze cosmiche è un compito difficile. Anche le distanze all’interno del nostro stesso sistema solare sono enormi per gli standard quotidiani. L’unità astronomica, corrispondente alla distanza media tra Terra e Sole, è di circa 150 milioni di kilometri. La stella più vicina, Alpha Centauri, è a 4·103 Km di distanza. Numeri così giganteschi sono poco pratici, e gli astronomi hanno introdotto una maniera alternativa per scrivere le distanze. Niente si muove più velocemente della luce, e gli astronomi hanno deciso di usare i tempi di percorrenza della luce come misura delle distanze dalle stelle più vicine (i parsec e i suoi derivati, così come i redshift, sono utilizzati per distanze maggiori). Il Sole, ad esempio, dista circa 8 minuti-luce da noi: la luce impiega 8 minuti per viaggiare dal Sole a noi. Alpha Centauri dista 4,2 anni-luce. (Non lasciatevi confondere dalla presenza di termini come “minuti” o “anni” in queste unità di misura. Minuti-luce e anni-luce sono misure di distanza, non di tempo). Gli oggetti più distanti che conosciamo sono molto più lontani. La luce impiega miliardi di anni per coprire la distanza tra questi oggetti e noi, perciò essi si trovano a miliardi di anni-luce di distanza (dell’ordine di 1022, cioè decine di sestilioni, di kilometri). Nessun metodo unico può coprire un simile intervallo di distanze. Invece, gli astronomi si basano su quella che chiamano la scala delle distanze cosmiche, dove i metodi applicati agli oggetti più distanti sono calibrati utilizzando metodi applicabili ad oggetti meno distanti.
Luminosità apparente: la formula dell’inverso del quadrato
Diversi importanti metodi di misurazione delle distanze astronomiche si rifanno al seguente principio di base: Supponiamo di conoscere quanta luce un oggetto emette (questo valore è chiamato “luminosità intrinseca”). Possiamo misurare la luminosità apparente dell’oggetto nel cielo. Il rapporto tra la luminosità intrinseca e apparente è direttamente correlato alla distanza tra noi e l’oggetto. Quantitativamente, assumiamo che l’oggetto emetta una energia L al secondo, e che questa emissione non abbia una direzione preferenziale (sia cioè isotropica). L è detta la luminosità intrinseca dell’oggetto. Alla distanza d dall’oggetto, questa energia totale si sarà distribuita su una superficie sferica di area 4πd2. Immaginiamo che il nostro rilevatore - ad esempio, lo specchio del nostro telescopio - copra un’area A, come mostrato nella figura seguente, situata a distanza d dall’oggetto radiante O:
Dato che l’emissione luminosa dell’oggetto è diffusa uniformemente su tutta la sfera, il nostro rilevatore ne riceverà solo una frazione A/(4πd2); in altre parole, il nostro rilevatore riceverà l’energia al secondo F=L⋅A/(4πd2) dall’oggetto. Possiamo riscrivere questa formula dividendo per l’area del rivelatore per ottenere l’intensità della radiazione
I=F/A=L/(4πd2)
ovvero, l’ammontare di energia per secondo per unità d’area del rilevatore che ci arriva da un dato oggetto. Questa è la celebre “legge dell’inverso del quadrato” per la radiazione. Solitamente questa legge viene dimostrata in classe ponendo un fotorivelatore, come un piccolo pannello solare, a diverse distanze da una fonte di luce (ad es. Stanger 2008)
Candele standard
Immagine : Le supernove di tipo Ia, come questa del 1994 nella galassia NGC 4526, sono candele standard che permettono agli astronomi di dedurre la distanza di galassie lontanissime. Credit: NASA, ESA, The Hubble Key Project Team, e The High-Z Supernova Search Team. CC BY-SA 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by/3.0/legalcode
La legge dell’inverso del quadrato mette in relazione le quantità I, L e d. Immaginiamo una classe di oggetti i cui componenti hanno tutti la stessa luminosità L. Questi oggetti sono chiamati candele standard. Ogni volta che ne osserviamo una, ne conosciamo la luminosità intrinseca L, possiamo misurarne l’intensità I, e usare la legge dell’inverso del quadrato per calcolare la distanza dell’oggetto. Le supernove dette “di tipo Ia” sono le più importanti candele standard per galassie molto distanti, nell’ambito della cosmologia, ovvero la scienza che studia l’Universo nel suo complesso. Queste supernove sono violente esplosioni termonucleari di stelle nane bianche. Sono estremamente brillanti, e visibili a grandi distanze. La tipologia di una supernova può essere determinata dalle proprietà della luce che riceviamo dall’esplosione (più concretamente, dallo spettro della supernova). Una volta chiaro che stiamo effettivamente osservando una supernova di questo tipo, possiamo dedurre la (massima) luminosità dell’esplosione. Per la maggior parte delle candele standard astronomiche, L non è costante per tutti gli oggetti dello stesso tipo, ma è invece correlata con una proprietà misurabile di quella classe di oggetti. L’esempio più famoso sono le stelle variabili Cefeidi, che presentano periodiche variazioni di luminosità. Il periodo di queste variazioni è correlato con la luminosità della stella; misurandone il periodo possiamo dedurne la luminosità intrinseca L. Questa correlazione fu scoperta e sfruttata per la prima volta da Henrietta Swan Leavitt tra il 1908 e il 1912. Candele standard come queste hanno giocato un ruolo chiave nella storia dell’astronomia. All’inizio del ventesimo secolo, le Cefeidi furono usate per dimostrare che la nostra galassia era solo una tra tante. E, negli ultimi anni dello scorso secolo, le supernove di tipo Ia sono state usate per dimostrare che l’espansione cosmica sta accelerando - la scoperta dell’Energia Oscura, che è stata premiata con il premio Nobel per la Fisica 2011. La candela standard ideale dovrebbe essere estremamente luminosa, e quindi visibile a grandi distanze, facilmente identificabile (ad es. tramite la determinazione dello spettro) e abbastanza comune da permettere una grande intervallo di misure di distanza. Idealmente, vorremmo avere alcuni esempi molto vicini di questo tipo di candele standard nel nostro “vicinato cosmico”, che permettano di calibrare la candela standard (ovvero misurarne la luminosità intrinseca L) e molti esempi a grande distanza che permettano la misurazione della distanza delle galassie e misure di tipo cosmologico. In realtà, nessun singolo tipo di candela standard soddisfa tutti questi criteri. Invece, gli astronomi hanno costruito una scala delle distanze tramite diverse candele standard. Ad esempio la distanza di quasi 300 variabili Cefeidi può essere misurata direttamente utilizzando geometria elementare (parallasse stellare). Queste distanze note possono essere usate per calibrare la relazione periodo-luminosità intrinseca delle Cefeidi. Una volta determinata questa relazione, possiamo esaminare vicine supernove di tipo Ia in galassie che contengano Cefeidi. Utilizzando le distanze delle Cefeidi, possiamo determinare le luminosità intrinseche di picco delle supernove di tipo Ia. Una volta noti questi valori, possiamo utilizzare le supernove di tipo Ia come candele standard talmente luminose da poter essere viste a distanze extragalattiche e cosmologiche considerevoli. L’attività qui presentata permetterà ai vostri studenti di scoprire e approfondire in autonomia i principi chiave delle candele standard, utilizzando un esempio semplice in un contesto quotidiano.
Candele standard e la legge dell’inverso del quadrato -
In pratica, misurare quantitativamente le intensità è un compito impegnativo, che richiede un'attenta calibrazione dei propri strumenti, che esula nettamente dallo scopo di questa attività. Invece, sfrutteremo il fatto che stiamo effettuando le nostre misurazioni di varie sorgenti con un'unica apparecchiatura, la nostra fotocamera digitale.
Supponendo di ricevere luce di intensità I da un oggetto, la nostra fotocamera raccoglierà una quantità totale di luce al secondo corrispondente a P = I·A·η, dove A è l'area di raccolta della fotocamera e η < 1 è una costante adimensionale che ci consente di codificare (a) che parte della luce verrà assorbita all'interno dell'obiettivo della fotocamera e (b) parte della luce potrebbe non raggiungere il chip della fotocamera ma essere dispersa altrove. L'energia totale depositata sul chip è E = P·t, dove t è il tempo di esposizione. Supponiamo che nella nostra immagine l'oggetto in questione si estenda su una certa regione di pixel e assumiamo una risposta lineare del chip e un'elaborazione lineare, quindi E sarà proporzionale alla somma S dei valori dei pixel per quella regione. (Una parte facoltativa dell'attività prevede il test di questa linearità.)
Ciò che semplifica enormemente il nostro compito è che la somma del valore dei pixel S dipende linearmente dall'intensità I. Finché ci prendiamo cura di prendere tutte le nostre immagini nelle stesse condizioni (stesso tempo di esposizione, stessa lente, stesse impostazioni), questa linearità significa che possiamo confrontare le intensità I 1,2 di diverse sorgenti confrontando le somme S 1,2 dei valori dei pixel per le immagini di queste sorgenti,
S 1 /S 2 = I 1 /I 2 .
Più semplice di così non può essere, e questa semplice formula, assieme alla formula dell’inverso del quadrato che collega luminosità intrinseca, intensità e distanza, saranno le basi dell’attività seguente
Come realizzare questa attività?
Questa attività può essere svolta a diversi livelli, a seconda sia del livello di autonomia durante l’attività (ovvero da quanto del lavoro è già stato preparato dall’insegnante) e dal livello di analisi. Per quanto concerne i preparativi, nella versione più semplice dell’attività, l’insegnante ispeziona uno o più luoghi adeguati, si occupa di predisporre il software necessario e di compilare delle istruzioni semplificate per il suo utilizzo. Gli studenti possono quindi concentrarsi sulla parte scientifica, ovvero sulle misure e la loro valutazione. Questo livello di preparazione consente il più rapido svolgimento dell’esercizio. Se, invece, l’attività viene predisposta come un’indagine completamente libera, gli studenti dovranno trovare da sé un luogo adatto, ricercare software appropriato (ad esempio per aprire immagini RAW in formato FITS od un altro formato adatto per le analisi) e installarlo. Questo rende l’esperienza molto più realistica, dato che simili preparativi sono parte standard della ricerca astronomica, ma, naturalmente, anche molto più dispendiosa in termini di tempo. Il livello più elementare di analisi usa direttamente la legge dell’inverso del quadrato per correlare luminosità misurata e distanza, usando un oggetto di riferimento la cui distanza sia stata misurata con metodi convenzionali (direttamente oppure utilizzando una mappa, ad es. Google Maps).
Questa versione dell’esercizio si concentra sul concetto fondamentale da apprendere e permette il suo più rapido completamento. Come attività aggiuntiva, è possibile approfondire il ruolo della fotocamera digitale. Come mostrato sopra, l’uso della fotocamera per misurare la luminosità apparente attraverso semplici rapporti tra somme di valori di pixel dipende da una relazione lineare tra l’ammontare di luce ricevuta da una certa regione del panorama in esame e i valori di luminosità per i corrispondenti pixel dell’immagine. Questa linearità può essere verificata in attività di supplemento opzionali che possono costituire, allo stesso tempo, un primo passo verso attività di astrofotografia più avanzate. Ad un livello più avanzato, gli studenti dovrebbero essere incoraggiati a riflettere sulle cause delle deviazioni delle distanze da loro ricavate da quelle misurate direttamente. Le due cause principali di errore con cui dovranno probabilmente fare i conti saranno variazioni di luminosità intrinseche (ovvero deviazioni dall’assunzione di base che le sorgenti siano candele standard) e oscuramento (l’attenuazione della luce osservata di un oggetto ad opera di materia interposta tra esso e l’osservatore). Entrambe possiedono degli analoghi in astronomia, dove la supposizione di base che le sorgenti siano candele standard (stessa luminosità intrinseca) deve essere spesso perfezionata (ad es. per le supernove di tipo Ia, utilizzando una correlazione tra l’evoluzione nel tempo della loro curva di luce e la loro luminosità massima), e dove nubi di polvere e di gas possono attenuare la luce di una sorgente distante. In questo esercizio, siamo nella fortunata situazione di poterci avvicinare (‘viaggiare verso’) le nostre sorgenti di luce, e misurare direttamente la loro luminosità intrinseca. Gli studenti possono eseguire queste misure e applicare una correzione corrispondente alle loro derivazioni della distanza. Questo dovrebbe ridurre considerevolmente le deviazioni. Nell’esempio svolto possiamo anche identificare gli oscuramenti; ad esempio, quei lampioni che apparivano più tenui di quanto ci si aspettasse si rivelano in effetti oscurati da dei rami. Anche se il livello avanzato richiede molto più tempo, esso insegna preziose abilità di analisi dei dati e delle sorgenti di errore.
Un esempio svolto con misure di luminosità apparente e correzioni, con incluse immagini di esempio e un esempio di foglio di calcolo, può essere reperito all’indirizzo http://www.haus-der-astronomie.de/materials/distances/street-lights
Questa descrizione inizia con la versione base, dove l’insegnante ha già identificato un luogo adatto con lampioni candele-standard e preparato il software necessario. Vengono inoltre forniti suggerimenti per versioni più avanzate.
Trova una strada con lampioni adatti. I lampioni sono adeguati quando sono tutti dello stesso tipo o costruzione, e quando gli effetti geometrici non dominano la misura (per esempio luci piatte e quasi orizzontali saranno dominate da effetti di prospettiva/proiezione)
Immagine : Esempio di un lampione che appare isotropico per un osservatore al livello del suolo.
I lampioni dovrebbero illuminare il più isotropicamente possibile; per scopi pratici, tutti i lampioni non collimati (ad es. da una struttura prismatica) dovrebbero andare bene. Prepara una catena di software per l’acquisizione e l’analisi dei dati. L’esempio svolto, accessibile tramite il link più in basso, utilizza Fitswork (http://www.fitswork.de/software/softw_en.php) per convertire immagini RAW Canon (.CR2) in formato FITS, preservando la linearità. Sono possibili metodi diversi di conversione file, molti di essi basati su dcraw (https://www.cybercom.net/~dcoffin/dcraw/). Per misurare la luminosità degli oggetti, utilizza ImageJ (http://imagej.nih.gov/ij/). Questo software ha il vantaggio di essere rilevante anche in astrofotografia (ad es. come AstroImageJ, http://www.astro.louisville.edu/software/astroimagej/), quindi gli studenti avranno la possibilità di riutilizzare le loro abilità software in altri progetti più avanzati. Per una versione più avanzata di questa attività, l’individuazione del luogo e la scelta di una soluzione software possono essere lasciate agli studenti, anche se sarà necessario un certo grado di assistenza e coordinazione.
In questa parte, gli studenti apprendono e approfondiscono il significato dei valori dei pixel in un’immagine digitale. Vengono loro assegnate le seguenti domande guida: Usando il software fornito, esaminate le immagini che avete acquisito con la fotocamera digitale. Qual’è il rapporto tra valori dei pixel e luminosità? Come potete catturare la luminosità di un oggetto nell’immagine? Questa parte dovrebbe includere l’acquisizione di immagini di test di una sorgente di luce da parte degli studenti e il loro esame tramite software di analisi. Lascia che gli studenti sperimentino esposizioni diverse; dovrebbero scoprire che ogni pixel satura ad una determinata luminosità. Nell’acquisizione di immagini per misure di luminosità è quindi necessaria cura nella scelta dei tempi di esposizione: regioni saturate possono introdurre errori significativi! Alla fine di questa parte, gli studenti dovrebbero essere pratici con il software scelto da loro o dal docente per questa attività. Dovrebbero sapere come convertire immagini RAW dalla loro fotocamera digitale in FITS od un altro formato adatto, e come misurare la luminosità degli oggetti nelle loro immagini (ovvero tramite qualcosa di legato alla somma della luminosità dei pixel per la regione di pixel comprendente l’oggetto). A seconda del tempo disponibile per l’esercizio, questo passo dell’attività può anche includere un esperimento per testare la linearità. Ci sono almeno due modi possibili. Per il primo tipo di misura, una sorgente luminosa (ad esempio una lampada schermata o un led) viene fotografata con la fotocamera digitale utilizzando diversi tempi di esposizione, dimostrando la linearità in un grafico luminosità-tempo di esposizione. Alternativamente, è possibile mantenere invariata la configurazione della fotocamera e fotografare la stessa unica sorgente di luce a distanze diverse. In quel caso, se vale la linearità, bisognerebbe ritrovare la legge dell’inverso del quadrato per i diversi valori di luminosità dipendenti dalla distanza. L’eventuale non-linearità porterebbe a deviazioni da questa semplice formula. In quanto attività che si possono svolgere in classe, durante il giorno, entrambi gli esperimenti possono servire come preparazione per l’attività sul campo, e permettere agli studenti di prendere pratica con l’utilizzo della fotocamera e della catena di analisi dati. (Nel caso ci sia tempo, allora il confronto tra le misure di linearità basate su immagini JPG e quelle basate su immagini RAW convertite in FITS può dimostrare in modo lampante perché sia necessario lavorare con immagini RAW!)
Immagine : linea di lampioni che prosegue per circa 600 metri. Riquadro: immagine ingrandita delle luci più distanti.
In questa parte, gli studenti si recano sul luogo scelto dall’insegnante (o sui luoghi da loro scelti) in condizioni sufficientemente buie (sera/notte) e acquisiscono una o più immagini della fila di lampioni scelta. Sono possibili diverse strategie. Nell’esempio svolto è possibile trovare tutti i lampioni in una singola immagine. Alternativamente, è possibile prendere una immagine per lampione, centrando ogni sorgente di luce nell’immagine usata per misurare la sua luminosità (questo equivale ad una gita notturna; gli insegnanti dovrebbero assicurarsi di prendere le dovute precauzioni per garantire l’incolumità dei propri studenti). Basandosi su quanto appreso sulla saturazione nella parte 1, gli studenti dovrebbero acquisire immagini con diversi tempi di esposizione (o, alternativamente, diversi valori di ISO o dell’apertura), per essere sicuri di ottenere almeno un’immagine non saturata. Per un lampione (solitamente il più vicino!) la distanza dalla fotocamera dovrebbe essere misurata direttamente, per esempio utilizzando un metro a nastro od un dispositivo laser di misurazione delle distanze. Questa distanza sarà usata per calibrare le misure delle candele standard.
Una volta acquisite le immagini (o l’immagine) utilizzate per le misure, queste possono essere analizzate. Nell’esempio svolto, questo è fatto convertendo le immagini in file FITS e misurando la luminosità di quelle aree dell’immagine che comprendono i vari lampioni. In condizioni sufficientemente buie, la luminosità di fondo non dovrebbe giocare un ruolo significativo nelle misure. Se il fondo è luminoso, o gli studenti sospettano che il fondo sia una fonte significativa di errore, sarà necessario utilizzare strumenti di selezione appropriati per assicurarsi che le aree utilizzate per le misure di luminosità contengano solo contributi dai lampioni. Quando la luminosità di fondo non è un problema, come nell’esempio svolto, la luminosità dei lampioni può essere misurata utilizzando semplici strumenti di selezione rettangolare o ellittica. I valori misurati dovrebbero essere tabulati, per esempio in un foglio di calcolo (come Microsoft Excel, OpenOffice Calc o Google Fogli). I valori non sono in alcuna delle unità fisiche, ma essendo stati misurati nella stessa maniera, dovrebbero essere tutti nelle stesse (inusuali) unità, permettendo il calcolo dei rapporti. Utilizzando il lampione di riferimento, la cui distanza è stata misurata direttamente, oltre alla legge dell’inverso del quadrato per l’intensità, potranno essere calcolate le distanze (secondo il metodo delle candele standard) degli altri lampioni.
In astronomia è necessario un confronto incrociato tra diversi metodi di determinazione delle distanze in maniera da esaminarne la validità. Nell’esempio dei lampioni, ci sono vari metodi di misura delle distanze alternativi (e più diretti) da utilizzare come confronto. Quando i lampioni sono allineati lungo una strada dritta, la misura diretta delle distanze tra i lampioni, e da due dei lampioni alla posizione della fotocamera, fornirà informazioni sufficienti per calcolare (utilizzando semplici equazioni lineari), la distanza di ogni lampione dalla fotocamera. Le misure dirette sono le più facili da capire, ma svantaggiose in termini di tempi. Esse non dovrebbero essere compiute al momento del lavoro sul campo della Parte 2 (in quanto potrebbe spingere gli studenti a confondere le due misure, o a domandarsi perché le misure col metodo delle candele standard siano necessarie). Prevedere due eventi separati di misure sul campo però implica un considerevole investimento di tempo e, probabilmente, di pianificazione della logistica. Alternativamente, il controllo incrociato può essere eseguito online, utilizzando le mappe online disponibili (come Google Maps o Open Street Map, https://www.openstreetmap.org/). Le misure di distanza possono essere effettuate sia nella classica modalità di Google Maps sia prendendo uno screenshot e misurando le distanze in un software di elaborazione immagini come Adobe Photoshop o Gimp (http://www.gimp.org/). Parallelamente all’analisi col metodo delle candele standard, è sensato utilizzare questi strumenti per determinare le distanze relative dei lampioni dalla fotocamera; il lampione di riferimento può essere poi usato per tradurre queste ultime in distanze lineari. I risultati dovrebbero essere elaborati in un grafico per verificare la validità del metodo, confrontando i valori misurati direttamente e quelli ottenuti col metodo delle candele standard per i vari lampioni.
Quando le distanze ottenute con il metodo delle candele standard per i lampioni e le loro controparti misurate direttamente verranno poste a grafico rispetto al numero di lampione (o tra di loro), il risultato non sarà proprio una linea retta. Nelle versioni avanzate di questa attività, gli studenti sono invitati a riflettere sulle ragioni di queste deviazioni. Gli studenti dovrebbero rendersi conto che alcune delle deviazioni sono casuali - che è possibile che sia l’acquisizione dell’immagine che la misura introducano piccoli errori in entrambe le direzioni. Due tipologie di errore sistematico sono particolarmente importanti, sia in quanto possiedono analoghi nella misura delle distanze astronomiche, sia perché è ragionevolmente probabile si verifichino nell’esercizio con i lampioni. Il primo errore sistematico deriva dalla limitazione di assumere che le sorgenti luminose siano candele standard. Anche se è probabile che lampioni dello stesso tipo abbiano luminosità molto simili, saranno verosimilmente presenti delle variazioni intrinseche. Ad esempio, potrebbero esserci effetti di usura della sorgente di luce utilizzata. In astronomia non è possibile recarsi presso le nostre candele standard per misurarne la luminosità intrinseca; questo necessita dei test sistematici che utilizzino metodi alternativi di misura della distanza per determinare se le possibili candele standard di un determinato tipo mostrino variazioni dipendenti da varie loro proprietà misurabili (ad es. per le supernove Ia, le variazioni di luminosità di picco che sono correlate con la forma della curva di luce). Nell’esercizio dei lampioni, gli studenti possono invece provare a misurare direttamente le variazioni di luminosità intrinseca, ad es. raggiungendo a piedi i vari lampioni e acquisendone l’immagine da una distanza e un angolo standard (per i lettori pratici con il sistema astronomico delle magnitudini utilizzato per misurare le luminosità: acquisire un’immagine ad una distanza standard corrisponde a definire una magnitudine assoluta). Il secondo errore sistematico ha luogo ogni volta che parte di una sorgente luminosa è oscurata rispetto alla prospettiva dell’osservatore. I lampioni possono essere nascosti da rami o foglie, o da sporco presente sul lampione stesso; gli oggetti astronomici possono trovarsi dietro nubi di gas e polvere, portando a fenomeni di estinzione. Questo errore sistematico farà sempre apparire la sorgente come meno brillante; dovrebbe essere preso in considerazione ogni volta che la misura di luminosità di un lampione restituisce un valore inaspettatamente basso, corrispondente ad una distanza calcolata col metodo delle candele standard inaspettatamente grande. In alcuni casi, l’oscuramento può essere trovato e documentato, o anche corretto. Nell’esempio svolto, un’immagine presa ad un maggiore ingrandimento ha mostrato la presenza di foglie che oscuravano parte di un lampione che era apparso alle misurazioni come sorprendentemente fioco. Dall’immagine ingrandita, si è potuta determinare la frazione di oscuramento, e applicare una corrispondente correzione alla luminosità.
Il successo complessivo delle misure può essere verificato controllando i risultati degli studenti, in particolare la linearità della curva del grafico derivata col metodo delle candele standard, confrontandoli con le distanze misurate tramite un metodo convenzionale (es. su Google Maps o tramite misura diretta).
Alcuni criteri di valutazione specifici:
Avanzato: Gli studenti hanno trovato spiegazioni adeguate per le eccezioni che non giacciono sulla curva prevista dalla legge dell’inverso del quadrato? La comprensione degli studenti può essere giudicata interrogando gli studenti sulla loro derivazione dei risultati (che dovrebbe iniziare con una misura di luminosità e la legge dell’inverso del quadrato) e sulle deviazioni tra le distanze misurate con il metodo delle candele standard e quelle ottenute convenzionalmente. La formulazione di modelli adeguati per le fonti di errore (variazioni di luminosità intrinseche, (parziali) oscuramenti) indica una comprensione avanzata dell’argomento.
I risultati più notevoli ottenuti utilizzando le supernove di tipo Ia sono illustrati nella lezione da Nobel di Brian Schmidt: https://www.nobelprize.org/nobel_prizes/physics/laureates/2011/schmidt-lecture.html Informazioni approfondite sulle misure col metodo delle candele standard come quelle mostrate in questa attività possono essere trovate nei libri di testo di astronomia:
de Grijs, R. 2011: An Introduction to Distance Measurement in Astronomy. Wiley & Sons.